domenica, Dicembre 22, 2024
Dalla Provincia

Raccolta funghi: sette persone intossicate

In questi ultimi giorni sono stati registrati, presso le strutture di pronto intervento territoriale e pronto soccorso della provincia, ben 4 focolai di intossicazione da funghi epigei spontanei che hanno coinvolto complessivamente 7 persone.  Durante la presa in carico degli utenti è stato richiesto l’intervento dei micologi reperibili del Centro di Controllo Micologico della Asl Br ai fini della determinazione di specie e conseguente supporto all’azione dei sanitari. Tali casi di intossicazione, pur richiedendo un intervento terapeutico in ambito ospedaliero, hanno avuto un esito favorevole con dimissione degli intossicati. Nonostante ciò, il Centro ritiene utile comunicare all’utenza alcune informazioni e raccomandazioni per non incorrere nei rischi di intossicazione.

I funghi spontanei che hanno determinato i quadri tossici risultano essere stati raccolti in occasione di scampagnate nei boschi e consumati in assenza di qualunque tipo di precauzione: prime fra tutte, l’aver effettuato una formazione obbligatoria in materia (necessaria per ottenere il permesso di raccolta regionale) e l’esame del raccolto da parte di un esperto micologo.

Colpisce una caratteristica comune a tutti i casi, ovvero il consumo indiscriminato di specie fungine identificate genericamente come funghi “cardellicchi” o “monetole” o “ordinari”, definizioni che riuniscono, in realtà, tipologie di funghi a spiccata tossicità, di tipo gastroenterico o muscarinico (con sudorazione, disturbi cardio-respiratori, turbe neurologiche, vertigini).



Una considerazione a parte meritano alcune tipologie di funghi, tradizionalmente presenti nella tradizione alimentare salentina, come i cosiddetti “amarieddi”: in questa generica definizione vengono annoverati i “funghi di mucchio” (lactarius tesquorum), tipici simbionti del cisto di macchia mediterranea, che pur tuttavia presentano tossine gastroenteriche in parte distrutte dalla cottura prolungata: in assenza di conoscenze specifiche, accade che, anziché il classico “amarieddu” (o “fungo di mucchio”) si raccolgano altri funghi del genere Lactarius (L. mairei, L. scrobiculatus, L. torminosus, L. acerrimus, etc.) che, pur “ricordando” i primi, tuttavia posseggono un corredo quali-quantitativo di tossine ben più pericoloso.

Parimenti, l’illusione di raccogliere funghi “ordinari” (Clitocybe nebularis, già considerato tossico di per sé) conduce alla raccolta del ben più pericoloso e, ad un occhio inesperto, somigliante Entoloma sinuatum, causa di una delle più gravi intossicazioni gastroenteriche che, se con prognosi finale favorevole per soggetti già in buona salute, può complicarsi – anche gravemente – per organismi sensibili o debilitati (anziani, bambini, donne in gravidanza, etc.).

L’unico mezzo di prevenzione di questi incidenti è dato dalla conoscenza, che si acquisisce nei corsi di formazione – organizzati da Comuni e Associazioni Micologiche riconosciute – necessari per ottenere il permesso di raccolta regionale (obbligatorio, per raccogliere in Puglia) ed in cui si apprendono le nozioni utili ad un necessario orientamento tra specie commestibili e specie tossiche o francamente velenose.

Un altro passaggio fondamentale è costituito dal fare esaminare costantemente, prima del consumo, il proprio raccolto da un esperto micologo del Centro di Controllo Micologico Asl BR (il calendario dell’ispettorato micologico è disponibile presso tutti i Comuni e gli Uffici sanitari) che certifica i funghi in modo assolutamente gratuito. Da non trascurare infine che l’acquisto dei funghi presso raccoglitori professionali o altri esercenti deve sempre avvenire alla presenza (obbligatoriamente in esposizione) del certificato di commestibilità rilasciato dai micologi della Asl.

Riassumendo, queste sono le principali regole da seguire:  Frequentare corsi di formazione in micologia di base per raccoglitori e munirsi del permesso di raccolta regionale, rilasciato dai Comuni;consumare solo funghi spontanei certificati (dal micologo), in buono stato di conservazione; sottoporre i funghi a cottura prolungata (almeno 25-30 minuti in umido), poiché scarsamente digeribili; assumerne modeste quantità (come condimento, contorno) e non in pasti ripetuti e frequenti; consumare funghi epigei spontanei solo se si è in buona salute (no anziani, bambini, donne in gravidanza); non affidarsi alle credenze popolari.


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