La meritocrazia nella scuola
Di Uccio Leozappa
Uno dei tanti Presidi con il quale ho collaborato lavorando gomito a gomito nella scuola per diversi anni, ogni qual volta si presentava l’occasione, amava sempre ricordarmi, quando appunto si discuteva di scuola e di studenti in particolare ( praticamente sempre) con una espressione dialettale ma senz’altro molto efficace che :” in ogni capu ci sta na mitodda “.
Da qualche giorno c’è l’ennesimo dibattito sulla scuola. Sul ruolo che la stessa scuola debba ricoprire oggi nella società. Ad accendere il dibattito è stata la nuova ridefinizione del Ministero dell’Istruzione alla quale è stato aggiunto il termine “ del merito”. Ho lavorato per 41 anni nella scuola non ricordo casi in cui la scuola abbia mai impedito al figlio di un operaio o di un contadino diventare un grande manager. Anzi tutt’altro potrei fare centinaia di esempi di ragazze e ragazzi provenienti da famiglie modeste non benestanti con redditi modesti e con genitori non propriamente acculturati diventare grandi professionisti, architetti, chirurghi, ingegneri, docenti e anche bravissimi e affermati attori di teatro e quant’altro.
Certamente avrebbe dovuto impedire magari a qualcuno di fare il politico e poi successivamente anche il ministro, ma questa è un’altra storia. Nella sua biografia John Lennon scriveva che alla domanda dei suoi professori cosa volesse fare nella vita lui rispose, semplicemente, “di essere felice”. I professori ribatterono che non aveva capito la domanda, al che Lennon rispose ancora che loro, i professori, non avevano capito la vita. Ora dire che la scuola debba svolgere il compito di selezionare gli studenti, ogni singolo studente in base al merito a me sembra una stortura una aberrazione del ruolo che deve ricoprire la stessa nella società. Semplicemente, la scuola, a mio avviso, ha il compito di tirare fuori il meglio da ogni singolo studente osservando e valutando magari la performance e non invece quello di effettuare una selezione per premiare i migliori. Questo è il metodo didattico più sbagliato ma anche più antidemocratico in assoluto che ci possa essere e che senz’altro appartiene ad una cultura e ad una politica quanto mai di destra e che il mio Preside, pur non votando a sinistra, non ha mai condiviso. Giuseppe Di Viesto, medico Sanvitese ma anche grande poeta mai dimenticato scrisse ‘Lu sutori ti Lu tata” una poesia di immenso valore e di grande insegnamento che il nuovo ministro dovrebbe leggere.