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I poveri ci salvano: L’umanità nell’accoglienza secondo Mons. Battaglia

“A volte crediamo che i poveri ci scomodano, li consideriamo emergenze da risolvere in fretta e furia nel tentativo di voltare pagina e far finta che non esistano. Ma il Signore con il suo Vangelo ci ha insegnato il contrario: i poveri ci salvano, ci offrono l’opportunità di amare fino in fondo e gratuitamente, il loro volto ci chiede di ‘restare umani’, diseppellendo la nostra umanità dai detriti dell’egoismo, da un’economia malata fondata sui valori malati del guadagno a tutti i costi, della competizione ad oltranza, dell’indifferenza assoluta verso chi resta indietro”. Un passo della lettera aperta scritta da mons. Domenico Battaglia, arcivescovo metropolita di Napoli, il 6 febbraio dello scorso anno, in occasione del 35° anniversario della sua ordinazione sacerdotale è il biglietto da visita con cui la parrocchia S. Domenico di San Vito dei Normanni e la Fondazione don Tonino Bello, lo presentano in occasione della Cattedra di Vita che avrà luogo nel chiostro dei Domenicani, alle ore 18 di giovedì 27 giugno prossimo, con l’arcivescovo di Napoli chiamato a trattare il tema: «I poveri hanno sempre ragione».



Non si tratta, a ben riflettere sulla Cattedra di vita, di un’iniziativa estemporanea, ma di un percorso di crescita, di formazione e di informazione, nato dall’esigenza di non eludere questioni fondamentali della vita sociale ed ecclesiale. «Il 20 giugno dello scorso anno fu il cardinale Zuppi a lanciare il percorso della Cattedra di vita, quale serie di conversazioni con personaggi della cultura, dello spettacolo, della scienza, della fede, dando voce alle tante domande che abitano il cuore dell’uomo – dice don Piero Calamo, parroco della Comunità di San Domenico -. Ci aiutò a riflettere sul tema: “Dall’indifferenza alla convivialità delle differenze”, invitandoci a promuovere una cultura dell’accoglienza e poi dell’integrazione. Quest’anno, con mons. Battaglia proseguiremo lungo questo cammino, ricordando un’altra sua affermazione consegnata alla lettera aperta di cui si è parlato: “Non ho altra strada che farmi, insieme alla Chiesa napoletana che il Signore mi ha affidato, casa accogliente, città ospitale, voce disposta a gridare, nel deserto dell’indifferenza, il dovere dell’accoglienza, il sacramento dell’ospitalità!”».


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