domenica, Dicembre 22, 2024
San Vito dei Normanni

Matilde Montinaro incontra gli studenti della Buonsanto

La grafic novel Ragazzi di scorta, lavoro scritto da Ilaria Ferramosca e disegnato da Gian Marco De Francisco (BeccoGiallo) e nell’occasione letto e commentato dagli studenti della “Buonsanto”, ha costituto l’occasione, quest’oggi, per un momento culturale ed umano di altissimo valore.

«Ragazzi di scorta» sono Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, uccisi nella strage di Capaci il 23 maggio 1992, assieme ai magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. «Ragazzi di scorta» sono stati, ma proprio per dare «dignità e identità del ricordo» è giusto e necessario che mantengano ciascuno la propria storia umana, unica e irripetibile come è la vita di ogni persona.

L’occasione per riflettere – in questo mese dedicato alla legalità proprio in ricordo dei fatti del 1992 – l’hanno creata gli studenti della “Buonsanto” a San Vito dei Normanni i quali, dopo aver studiato quel libro a fumetti, si sono confrontati con chi quella storia ha ispirato, Matilde Montinaro, sorella di Antonio, il caposcorta. Lo hanno fatto nel corso di un incontro promosso dall’assessorato alla Cultura del Comune sanvitese e tutto ha avuto inizio con indirizzi di saluto e precise considerazioni del sindaco della Città, prof. Silvana Errico; del comandante la Compagnia Carabinieri, cap. Vito Sacchi; del dirigente del Commissariato di Mesagne, dott. Giuseppe Massaro; del corresponsabile regionale di Libera Puglia, Valerio D’Amici e dell’assessore comunale alla Cultura, Alessandra Pennella e con il prof. Damiano Tamborrino, vicario di quell’Istituto scolastico, a fare gli onori di casa.

Circa tre ore di incontro per scoprire dall’interno la “straordinaria normalità” di un servitore dello Stato, ucciso dalla mafia, e raccontata da chi, parente strettissima e con una crescita adolescenziale parallela, ha fatto notare come, dopo tre processi (è concluso il “Capaci ter” e forse ci sarà anche il “quater”), ancora non sia emersa una «verità vera».

Ma sono state le tante e puntuali domande degli studenti a fare da filo conduttore con le risposte di Matilde a delineare un quadro preciso non solo di quegli anni terribili, ma anche di ciò che è nel profondo l’impegno di quella che ora si chiama «antimafia sociale». Matilde ha raccontato di Antonio Montinaro bambino, della sua estrema vivacità, della «bellezza dei nostri giochi», del sentimento dell’amicizia, ora sfigurato dai social, ma che per un ragazzo morto a 29 anni e che, se fosse in vita, ora ne avrebbe avuti 62, rappresentava una esperienza «sempre straordinaria che va vissuta vicina a chi aveva bisogno e a chi viene messo da parte».



Matilde Montinaro, nelle varie risposte date alle domande, ha fatto emergere la sofferenza di una madre e la sua fermezza nel tutelare le individualità delle vittime di mafia; i doni educativi più belli ricevuti da un papà «impegnato» (la Costituzione e i dieci comandamenti); gli insegnamenti di entrambi, condensabili in un impegno educativo che passa dalla crescita culturale e umana dei figli, unica capace di creare la «reputazione».

Ha ricordato Renata Fonte, uccisa a Nardò, e la sua battaglia in difesa di Porto Selvaggio, Matilde Montinaro: ha collegato quella vicenda al «sacco di Palermo» con la distruzione delle ville liberty, rivendicando impegno nella difesa per «la bellezza della nostra terra, perché anche quella è giustizia». E poi, una precisa affermazione rimarca lo spessore della giornata, indimenticabile per tutti. «Vendetta? – ha detto Matilde – Io sono capace di amare…». E con l’invito rivolto a Matilde dal sindaco Errico perché sia di nuovo a San Vito per altri momenti di crescita, è calato il sipario sull’incontro che avrà un seguito in terra di Calimera, il paese d’origine di Antonio Montinaro, il prossimo 24 maggio. Don Luigi Ciotti si era impegnato con la mamma del caposcorta a celebrare la messa di suffragio in quel giorno ed anche quest’anno non mancherà di farlo. Quest’anno, però, anche alla presenza di una delegazione di San Vito dei Normanni, i cui studenti – di Antonio Montinaro – sanno molto, ma molto di più.    


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